Stiamo tutti seguendo l’evolversi della situazione in Nepal dopo il fortissimo terremoto di 7.8 gradi Richter che ha colpito lo stato asiatico lo scorso 25 aprile. Come già accaduto in tanti altri casi analoghi, la forza della natura ha distrutto buona parte delle infrastrutture tecnologiche delle aree colpite, privandole di servizi basilari, come energia elettrica e comunicazioni, che sono essenziali nella gestione delle emergenze e nel coordinamento dei soccorsi.
Purtroppo la vulnerabilità della tecnologia è direttamente proporzionale alla sua complessità. In un mondo che è sempre più connesso tendiamo a fare troppo affidamento sulla disponibilità continua dei servizi di comunicazione, specialmente di quelli mobili. Spesso, però, trascuriamo di considerare il fatto che questi sono totalmente dipendenti da infrastrutture sofisticate, da fitte reti di stazioni dislocate sul territorio, da maglie di interconnessione in fibra o in rame, da centri di controllo.
Quando catastrofi della portata del terremoto di sabato danneggiano i gangli di queste infrastrutture ci si ritrova di colpo in un medioevo tecnologico in cui tutto ciò che siamo abituati ad utilizzare quotidianamente – come telefoni, cellulari ed internet – viene trasformato in un attimo in una collezione di oggetti privi di utilità.
In queste situazioni di emergenza diventa estremamente prezioso l’apporto dei radioamatori, volontari appassionati che, senza alcuna finalità di lucro, hanno come interesse primario la sperimentazione delle tecnologie delle radiocomunicazioni, intese nel senso più ampio del termine.
Come accade sempre in situazioni di emergenza, sono i radioamatori delle zone limitrofe all’epicentro della catastrofe ad attivarsi per dare supporto alle popolazioni colpite. Nel terremoto di sabato il coordinamento delle operazioni è stato assunto dalla Amateur Radio Society of India (ARSI) e dal suo coordinatore nazionale, VU2JAU, Jayu Bhide, che ha creato un net – una rete di stazioni radio – in onde corte per attivare canali di comunicazioni da e per il Nepal.
I radioamatori sono infatti in grado di stabilire dei collegamenti punto-punto, cioè senza intermediari o ripetitori, e che quindi non necessitano di infrastrutture. Utilizzando stazioni portatili a bassissima potenza e sfruttando adeguatamente tutte le frequenze a loro destinate, i radioamatori sono infatti in grado di collegarsi con tutto il mondo. E’ sufficiente un piccolissimo generatore, o l’energia prodotta dall’alternatore di un’auto, per garantire l’autonomia necessaria: con meno di 50W, la potenza di una lampadina, si può rompere l’isolamento e ristabilire un flusso di comunicazioni.
Nei giorni scorsi alcuni volontari dell’ARSI si sono spostati in Nepal per garantire i collegamenti dalle aree più critiche e per attivare dei sistemi di comunicazione a corto ed a lungo raggio. Le necessità delle popolazioni colpite sono le più disparate, ma un notevole volume di traffico è generato dalle richieste di informazioni sullo stato di salute delle persone care. Peraltro in Nepal la stragrande maggioranza delle comunicazioni interne sono erogate da servizi di telefonia mobile, come è naturale viste le condizioni del territorio, ed è quindi possibile che il ripristino dei infrastrutture danneggiate richiederà tempi non brevissimi. I radioamatori rimarranno comunque in campo per supportare le attività di comunicazione sino a quando la loro presenza sarà utile, ed al momento ci sono circa cinquanta stazioni attive, in larga parte provenienti dall’India.
Noi italiani abbiamo una lunga tradizione di supporto alle emergenze già a partire dall’alluvione del Polesine, che vide in campo tantissimi radioamatori muoversi in barca con le ingombranti apparecchiature dell’epoca. Fu solo dopo l’attività in occasione del terremoto del Friuli, nel 1976, che l’azione spontanea si concretizzò in un impegno organizzativo da parte dell’Associazione Radioamatori Italiani (ARI) con la creazione del CER, Corpo Emergenza Radioamatori.
Le esperienze fatte, infatti, avevano fatto evidenziato che le operazioni in emergenza richiedevano una preparazione ed una organizzazione specifica per massimizzare l’utilità del nostro apporto. I benefici e l’operatività di una struttura organizzata furono evidenti in occasione del sisma dell’Irpinia e Basilicata del 23 Novembre 1980. La scossa principale, di 6.5 gradi della scala Richter, colpì le nostre terre alle 19:34, ma già nella notte arrivarono a Potenza da Taranto e Bari i primi equipaggi, attrezzati per operare in totale autonomia, per iniziare a creare la rete necessaria a collegare tutte le aree colpite nella regione. L’esperienza delle esercitazioni e la struttura di coordinamento furono di grande aiuto per operare efficacemente dopo un sisma che aveva interessato un’area così vasta.
Negli anni successivi, con la creazione della Protezione Civile, i radioamatori hanno sempre fornito il loro contributo volontario e spontaneo in occasione delle tante calamità. Attualmente la struttura è denominata Radiocomunicazioni Emergenza (ARI-RE).
Chiunque abbia interesse nello sperimentare, e non solo utilizzare, le tecnologie più avanzate troverà l’attività del radioamatore molto interessante. Diventarlo è semplice: basta superare un esame, indetto due volte l’anno dal Ministero dello Sviluppo Economico, che verifica le competenze, sia tecniche che procedurali, necessarie all’attività radiantistica. Le locali sezioni dell’Associazione Radioamatori Italiani (ARI), che ha fra i suoi scopi proprio la promozione del radiantismo, organizzano periodicamente corsi di preparazione all’attività. Una volta conseguita l’abilitazione, lo stesso ministero assegna un nominativo, un codice di lettere e cifre, che identifica univocamente ogni radioamatore nel mondo e consente l’accesso al mondo della radio. Mondo che è veramente amplissimo: voce, morse, comunicazioni digitali, televisione, satelliti sono solo alcune delle tecnologie che i radioamatori usano per interconnettersi e sperimentare.
Così come non sono da trascurare gli aspetti sociali dell’attività: i radioamatori sono sempre pronti a dare il loro supporto nelle situazioni di emergenza – come sta accadendo in questi giorni per il Nepal, ma anche in occasioni liete, come per il supporto a manifestazioni sportive e ad eventi sociali: ovunque la loro capacità di tenere attive comunicazioni flessibili ed immediate può essere di ausilio alla collettività.
Giorgio, I8ZSE
La foto del titolo è di Robert Freiberger